Il culto di Core aveva centro in Sicilia soprattutto fra Enna e Siracusa; l’uso del nome Core o Cora, in greco “fanciulla”, piuttosto del nome Persefone, che è invece quello utilizzato dall’inno omerico a Demetra, ci dice già qualcosa sulla differenza tra questa figura divina com’è percepita in Sicilia e com’è percepita in Grecia, sebbene i greci stessi la collocassero in Sicilia. Non dobbiamo infatti dimenticare che gli dei pagani non sono come il dio dei cristiani, che è fisso, immutabile anche nelle sue rappresentazioni, poiché ne esiste una versione ufficiale, che è quella del libro sacro. Gli dei pagani sono rappresentazioni della percezione che abbiamo del mondo circostante: per questo la loro essenza, o se preferite le loro funzioni, variano a seconda delle città in cui se ne pratica il culto: pensiamo ad esempio all’inedito accostamento tra Era ed Afrodite fatto nella città di Acre, colonia siracusana in Sicilia. Oggi, che comunità pagane paragonabili a quelle antiche non ne esistono più, il cambiamento è a seconda del pagano che le descrive. Quando infatti diciamo che Demetra è la dea delle messi, stiamo facendo una semplificazione, per farci capire, ma Demetra è il concetto stesso della messe, dell’abbondanza, della crescita: tre concetti diversi in realtà, ma a quale di questi corrisponde la nostra percezione di Demetra. Oggi che noi pagani ci stiamo riprendendo la percezione delle divinità nel mondo circostante e in questo ci rifacciamo alla percezione degli antichi, ci troviamo di fronte ad un doppio compito, che è quello di capire le figure divine antiche da un lato, e dall’altro il modo in cui noi percepiamo e se percepiamo quelle stesse figure nel mondo attuale.
Torniamo però a Core: ormai nessuno più dubita che nel culto di questa dea greca si siano mescolati elementi greci ed elementi pre-greci, data la forza con cui questa dea si è radicata nel cuore degli abitanti della Sicilia. Innanzitutto non è chiamata Persefone, che è il suo nome da dea ctonia, ma è chiamata “fanciulla”; a Siracusa e Agrigento si celebrava la Theogamia o Anakalyptèria, le nozze sacre tra Core e Ade, nozze che altrove non vengono mai ricordate per la preminenza che Demetra finisce per assumere nel culto, anche quello dei misteri eleusini. Ad Enna invece c’era una statua della dea che forse non poteva essere vista dagli uomini, mentre il poeta Carcino, originario di Agrigento, scrisse della “figlia di Demetra, che nessuno può nominare”. Inedito è anche l’accostamento di Core ad Atena e Artemide, che Diodoro Siculo spiega raccontando un altrettanto inedito mito di un’infanzia comune alle tre dee, così come comune sarebbe stata la decisione “di rimanere vergini”. Non approfondisco ora l’uso del termine “vergine” in greco, né la valenza di queste ulteriori due figure divine, ma pare che si tratti di una tradizione orfica; dato che alle dee venivano dedicati luoghi ben precisi in Sicilia, ad esempio un’isola, a Siracusa, sacra ad Artemide che vi dava anche responsi oracolari, cosa non usuale per la dea greca, potrebbe anche trattarsi di una sovrapposizione o meglio di una fusione tra dee greche e dee locali. Riassumendo, abbiamo una dea fanciulla, accostata ad altre due dee fanciulle, di cui, a differenza che le altre due, si celebrano però le nozze, oltre alla sua discesa e risalita. E’ inoltre una dea legata alle acque (la sorgente Ciane), e una dea della sovranità: riceve la Sicilia in dote dal padre Zeus al momento delle nozze con Ade, è definita, come Demetra, “grande” e, come accade anche in Magna Grecia, è rappresentata in trono. Un pinax, cioè un piccolo bassorilievo votivo, di Locri, la raffigura seduta sul trono accanto al marito, mentre regge in mano un mazzo di spighe di grano. E’ significativa anche la descrizione del luogo da cui Core sarebbe stata rapita che leggiamo sempre in Diodoro Siculo: un luogo bellissimo, pieno di fonti e fiori dal fortissimo profumo, un prato che è quasi un giardino e che secondo alcuni studiosi potrebbe indicare un legame della dea anche con l’ambito della guarigione; secondo altri invece il riferimento a fiori non coltivati, poi impiegati anche per le ghirlande del culto farebbe di Core una trasformazione di una divinità precedente addirittura a Demetra, dea invece dell’agricoltura, per cui la verginità di Core altro non sarebbe che la verginità della terra non ancora toccata dall’aratro. Studiosi moderni che leggono invece il mito in chiave psicanalitica, ritengono il prato un’immagine del mondo dorato dell’infanzia, al quale il mondo adulto, Ade, la morte, prima o poi ci strappa.
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