venerdì 1 settembre 2017

Religione, fede, organizzazione

Come ormai sa chi mi segue, spesso i post su questo blog hanno origine da una qualche polemica; questo non fa eccezione, ma questa volta taglio tutto l'aspetto della specifica polemica per andare sul generico e direttamente alla questione che mi interessa.
La questione è questa: l'utilizzo della parola religione.
In ambito pagano, è una delle parole più controverse: c'è chi la usa, chi non la ama, chi preferisce dire "spiritualità"; sia dentro che fuori dell'ambito pagano (ma sono soprattutto gli atei a farlo) viene usata come sinonimo di fede e le due parole sono considerate intercambiabili. E' senz'altro una parola abusata e a me piace impiegarla per definire il cosiddetto paganesimo: è necessario però per farlo contestualizzarla e in questo post vorrei esaminare i più comuni fraintendimenti a riguardo, quasi tutti derivanti, a guardarli bene, da una cultura strettamente monoteista, anche se ad applicarli è un ateo o un pagano.
1) Religione e fede sono la stessa cosa.
Decisamente no. La parola fede, dal latino fides, ha già cambiato il suo significato originario entrando in  ambito monoteista: in latino è più vicino al nostro 'fiducia' che a quello che intendiamo per 'fede'. Parecchio tempo fa ho postato su questo blog il riferimento, con relativa discussione, ad un articolo di PaganPatheos "perché non mi fido degli dèi". Un pagano non si fida né si affida agli dèi: un pagano fa ed eventualmente accoglie, se c'è, un aiuto; affidarsi agli dèi per ottenere qualcosa è fare come quelle mamme che non prestano attenzione al loro bambino al supermercato, convinte che il mondo glielo guarderà. In entrambi i casi c'è mancanza di rispetto. Ricordo una persona intervenuta ad un rito della Federazione Pagana, dove si accendono fuochi alti parecchi metri che inevitabilmente qualche scintilla mandano in giro, con le immagini delle sue divinità... in cartone!

domenica 20 agosto 2017

Zeus e il mondo ordinato

Ultimamente sto trascinando la lettura di Plethon: the last of the Hellenes, di Woodhouse (Pletone, l'ultimo degli Elleni), che dovrebbe essere una delle letture preparatorie ad un libro che vorrei scrivere su Giorgio Gemisto Pletone. Trascinando perché, a parte il fatto che il libro è in inglese e non l'hanno mai tradotto in italiano, è molto incentrato sulla controversia tra Pletone e Scolario se sia migliore filosofo Platone o Aristotele e quale dei due sia più aderente alla teologia cristiana. 
Devo ridimensionare le mie aspettative su Pletone per quanto ho letto finora... 
Ma non è questa la ragione principale di questo post, anche se sto cercando di mettere a frutto un po' di informazioni ottenute fino a qui.
Parliamo invece di Zeus, che ad un certo punto della religione greca ottiene una posizione di preminenza che non ha sempre avuto, nel mito e nei pantheon delle varie poleis (perché, prima dell'età alessandrina, ogni polis aveva i propri culti e se a Zeus comunque veniva riconosciuta una certa preminenza, non era certo la divinità suprema ovunque). Per capire come mai sia successo, guardiamo al concetto di Cosmo.