domenica 19 aprile 2009

Pagani e libri / 2

Senza nulla togliere alla Gimbutas, alla Murray, a Walter Otto, a Kerenyi a Dumezil e a tutti coloro che hanno effettivamente dato un contributo notevole alla nascita del paganesimo moderno, bisogna comunque collocarli nella loro epoca. In un prossimo post tornerò ancora sull'argomento, parlando di un libro di Walter Otto che ho scovato nella mia biblioteca (scritto nel 1923 e pubblicato in Italia per la prima volta nel 1976). In sostanza, anche questi autori si basavano sulle evidenze di cui erano in possesso all'epoca, alcune delle quali sono state superate dopo: Marja Gimbutas sapeva all'epoca che i Kurgan avevano una società patriarcale e che erano aggressivi e bellicosi. In seguito sono state trovate tombe di donne guerriere e numerose fortificazioni difensive e non offensive della stessa popolazione; si è scoperto che guerre tra popolazioni avvenivano anche prima dell'arrivo degli Indoeuropei questo però spesso i pagani che si rifanno alla Gimbutas non lo sanno e proseguono imperterriti a parlare di una religione femminile pacifica soverchiata da una maschile bellicosa.
La colpa non è mica tutta dei pagani: è anche colpa del mondo accademico che tiene per sé le sue scoperte, cercando di fare una specie di èlite e difendendosi dicendo che "tanto alla gente queste cose non interessano", argomento ampiamente contraddetto dal successo delle conferenze di Andrea Carandini a Roma. I libri pubblicati sono di difficile reperimento, sono molto costosi e non tutti possono accedere a una biblioteca universitaria, dal momento che quelle civiche si concentrano sul grande pubblico e preferiscono acquistare magari qualche copia in più del romanzo del momento (anche se non si dovrebbe sottovalutare la sezione locale che quasi tutte le biblioteche civiche hanno e che magari raccoglie pubblicazione della regione o della provincia altrettanto introvabili). Però comunque non si può fare di un autore una bibbia, lo ripeto.
D'altro lato, mancano oggi nel panorama pagano delle teorie che possano reggere il confronto: forse perché oggi il paganesimo è diventato più immediato e perché spesso si rifiuta l'elemento intellettuale. Tuttavia, non essendo noi isolati dal mondo, siamo costretti a confrontarci con esso, non possiamo lasciare che a farlo per noi siano i bignami o i manuali in stile "wicca per negati". Secondo me è urgente che ogni pagano dia voce, e anche forte, al proprio paganesimo. Una delle caratteristiche fondamentali del paganesimo è il politeismo e la pluralità di voci e un bel modo di segnalarlo anche verso il mondo esterno sarebbe proprio questo.

Pagani e libri / 1

Qualche tempo fa discutevo con un'amica pagana di come nel paganesimo italiano manchi una certa "serietà" nel trattare argomenti che sconfinano in campi come la storia e l'archeologia. E' un discorso che mi avete probabilmente sentito fare spesso e sul quale torno sempre (ebbene sì, sarò noiosa, ma ci tengo veramente): manca alla stragrande maggioranza dei pagani un metodo critico di esposizione e per questo il paganesimo rischia di rimanere al palo, bollato come una cosa da ignoranti, da sempliciotti (una volta un tale mi ha detto che se avessi studiato storia del diritto, non mi sarei dichiarata pagana!). Non voglio che il paganesimo sia oggetto di studio nel modo in cui lo è una cavia da laboratorio, perché il paganesimo certamente va sentito e vissuto, ma che cos'è il paganesimo? In pochi hanno elaborato chiaramente un proprio pensiero a riguardo e lo espongono con chiarezza che non sia da "manuale delle istruzioni": se ci fate caso in Italia, negli ultimi anni, che libri sono usciti sul paganesimo? Tanti wicca, con tutte le istruzioni per l'uso degli strumenti, per la chiamata degli elementi, per la celebrazione di sabba ed esbat, e al massimo i 13 beliefs, ormai elaborati negli anni '70 (e si vede), più qualche summa, qualche bignami sulle religioni antiche, come quello della Rangoni pubblicato da Xenia, nel quale si ritrovano affermazioni improbabili, come l'attribuzione al paganesimo etrusco della qualifica di religione rivelata, o superate, come l'ennesima riaffermazione dei sacrifici dei bambini da parte dei cartaginesi.
Ecco, a proposito di questo: archeologi come Sabatino Moscati o Paolo Xella, tanto per citarne due grossi, hanno lavorato a lungo sul problema e hanno tratto quelle conclusioni riportate anche nel video che ho fatto per Youtube su Moloch, dal quale ho dovuto cancellare i commenti perché ero stufa di stupidaggini. Possibile che anche in questo campo i pagani attuali debbano rimanere indietro di secoli? Se ci vogliamo ispirare o agganciare alle religioni antiche non possiamo confondere noi stessi con loro, ma almeno nello studio dobbiamo essere precisi, scientifici. Citare le fonti, ad esempio (e rendendomi conto di questo, dalla puntata di questo mese, sulla pagina di Fontes potrete trovare l'elenco dei volumi consultati per preparare la puntata). Esiste un modo chiaro e corretto per esporre anche le proprie opinioni e i pagani, stretti d'assedio come sono, avrebbero quasi il "dovere morale" di impararlo. In questo, possiamo aiutarci tutti a vicenda.
Purtroppo però c'è ancora gente che tratta ogni libro come la bibbia dei cristiani: siccome lo ha detto la Gimbutas/la Murray/... allora è sicuramente così. Proprio per l'ultima puntata di Fontes sono andata a controllare la data di pubblicazione di "Il dio delle streghe" della Murray: 1933. Un po' vecchiotto, no?