mercoledì 4 febbraio 2009

Nomi greci, divinità romano-italiche

Una delle cose che più mi affascinano della ricerca nel paganesimo e nello studio di quello antico è andare a scoprire l'essenza delle divinità antiche e in particolare andare a verificare il meccanismo detto dell'interpretatio, cioè dell'interpretazione di un dio, che viene "tradotto" da una cultura all'altra. Il rapporto tra paganesimo greco e paganesimo romano-italico va ancora oltre: i Romani assumono molto profondamente i nomi delle divinità greche per le proprie divinità, tanto che oggi ci è indifferente dire Giove o Zeus e non percepiamo invece le differenze profonde che ci possono essere, anche perché i Romani stessi, una volta fatta l'identificazione, assumevano anche i miti della divinità greca corrispondente alla loro (qualche volta li collocavano anche geograficamente in Italia, cosa che ha fatto anche qualche mitografo greco, per svariati motivi che non approfondisco qui) e quindi generavano loro stessi la confusione.
In effetti in molti sono convinti di questa identità, tanto che quando ho pubblicato su YouTube il documentario "Ercole, un dio dei popoli italici" ho ricevuto critiche e in qualche caso anche insulti perché "Ercole è una divinità greca con un nome latinizzato" e "è da stupidi credere che Ercole sia una divinità nata in Italia". Bisogna distinguere due punti di vista sulla questione: il punto di vista del linguista e dello storico delle popolazioni indoeuropee e il punto di vista del pagano. Per un linguista o uno storico, affinché due Dèi siano considerati uguali, occorre che il nome dimostri una derivazione. Se leggete Gli Indoeuropei e le origini dell'Europa, di Francisco Villar (ed. Il Mulino, consigliatissimo), leggerete che Giove o Zeus è l'unico dio che può essere con certezza detto indoeuropeo perché ha un nome che condivide con altri Dèi di popolazioni indoeuropee: dal punto di vista del linguista non si può dire che un dio è indoeuropeo solo perché le varie popolazioni indoeuropee hanno tutte un dio con determinate funzioni (come faceva invece Dumezil). Quindi un linguista può anche dire che Giove e Zeus, Eracle ed Ercole ecc... sono la stessa divinità. Diverso è il punto di vista del pagano: per un pagano un dio rappresenta una porzione di mondo la cui parte divina viene percepita come unitaria anche se legata alle altre parti (lo so, come definizione non è chiara, ma magari in qualche appunto successivo mi verrà qualcosa di meglio), perciò posso anche "tradurre" un dio da una lingua/cultura ad un'altra, così come traduco le parole. Mi sto un po' impantanando, quindi faccio un esempio: mettiamo che io sia un mercante romano in viaggio ad Este, in Veneto. Qui c'è un grande tempio dedicato ad una dea che viene molto onorata dalle persone locali, però io non conosco questa dea e quindi chiedo ad un collega del posto informazioni. "E' la dea Reitia" mi dice "le ragazze creano dei tessuti in suo onore e a lei chi impara a scrivere nel suo tempio dedica stili e tavolette con inciso l'alfabeto", io mercante romano rispondo "Ah, noi quella dea la chiamiamo Minerva che è la dea delle arti" e vado ad onorare la dea che per me è Minerva.
Oggi ovviamente non possiamo più dire che i Veneti onoravano la dea Minerva, perché l'interpretatio era corretta in quel contesto, ma oggi la distanza storica e la cesura imposta dal cristianesimo ci portano a recuperare completamente, per quanto possibile, le culture antiche. Così adesso conosciamo il meccanismo della sovrapposizione o interpretatio e stiamo attenti alle sue trappole: vediamo che Minerva e Reitia sono anche legate alla medicina, ma Minerva è il gesto del medico che applica la sua arte nella guarigione, Reitia è il processo di guarigione stessa, che dobbiamo probabilmente immaginare come un fluire (forse il nome deriva da una radice che indica "scorrere", ma comunque la dea è legata ai fiumi e alla scrittura e la scrittura, si sa, "fluisce" attraverso la penna). Se non avessimo testimonianze venete sul nome della dea, ma solo quella del mercante romano, probabilmente oggi diremmo che i Veneti onoravano Minerva, però magari ci accorgeremmo che è una Minerva un po' diversa da quella romana.
Così è successo anche per alcuni dei romano-italici che hanno perso il loro nome in favore di un nome greco o greco latinizzato. In questo senso "Ercole, un dio dei popoli italici" era anche una provocazione, perché sotto il nome, e in qualche caso gli attributi, di un dio dal nome greco, si nasconde una figura divina diversa da quella greca: un linguista dirà che è la stessa cosa, un pagano no, perché la diversità corrisponde ad una percezione diversa del mondo. In questo caso, Ercole si è sovrapposto probabilmente a diverse divinità locali con caratteristiche simili (la forza, la protezione dei viandanti e anche il legame con le acque), ma non identiche all'Eracle greco, tanto che ci sono notevoli differenze. Su questo però ho fatto un documentario per YouTube e un CD-ROM, per cui mi fermo qui.
Nei prossimi giorni posterò sul blog, magari a puntate, un altro esempio, quello del culto di Persefone-Core in Sicilia, e nel corso della vita di questo blog ci sarà occasione di ritornare sui temi, per il momento buttati lì, dell'interpretatio e della differenza basilare tra paganesimo greco e paganesimo romano-italico.

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