lunedì 31 ottobre 2016

Di cosa parlate quando parlate di Dèi?

Mi tocca arrivare alla vigilia di Samhain (Halloween se preferite) per leggere quella che potrebbe essere definita una sorta di "bestemmia" pagana. La frase in questione suona più o meno così:
"noi onoriamo tutti gli dèi, anche quelli monoteisti, perché sono sempre dèi"
Eh?
Diciamo diplomaticamente che è un'affermazione lontana anni luce dal mio modo di concepire il paganesimo. Un po' meno diplomaticamente, ho visto Minerva togliersi l'elmo e dare una sonora testata al muro. Trovo questa affermazione di una superficialità e di una zuccherosa volontà di "peace and love" a tutti i costi assolutamente irritante. E visto che ho fatto un'affermazione a mia volta molto pesante, la spiego, com'è nel mio stile.
Intanto: di cosa parliamo quando parliamo di Dèi?
Sostanzialmente indichiamo e spesso e volentieri confondiamo due cose:
1) La percezione di un numinoso, di un'essenza divina, di una volontà, di una coscienza (come preferite) nel mondo: questa è quella che Walter Otto chiama teofania, l'apparizione del dio da cui poi discendono rito e mito.
2) La costruzione che si fa attorno a quella percezione, costruzione che dipende dalla cultura di chi percepisce. Questo per gli antichi era piuttosto chiaro, tanto che quando applicavano l'interpretatio e cioè traducevano un dio da una cultura all'altra lo facevano appunto sulla base della cultura e non della collocazione gerarchica.
Odino era chiamato Mercurio dai Romani, perché vi vedevano soprattutto la sua funzione di psicopompo, non era chiamato Giove in quanto padre degli dèi: gli antichi intuivano quale fosse la percezione al di là della costruzione culturale, anche se probabilmente non erano in grado, proprio in nome della differenza culturale, di comprenderla sempre al 100%
Stabilito questo, possiamo osservare che comunque al centro c'è sempre l'essere umano che percepisce o che costruisce. Non possiamo fare altro che individuare gli dei sulla base della relazione che stabiliamo con loro; non possiamo conoscere quello che non possiamo percepire, ce lo possiamo immaginare, possiamo fantasticarci sopra, ma c'è sempre un limite. Come per il caldo e il freddo, li definiamo in base a noi stessi e l'idea di "freddo" che ho io non corrisponde a quella di un Inuit.
Sulla base di quale aspetto si afferma allora che il dio monoteista è un dio come tutti gli altri? 
Se vogliamo farlo sotto l'aspetto della percezione, allora si spieghi come questo dio si percepisce nel mondo, quale posto occupa, chi è. Non crediamo che gli antichi non avessero provato ad inserirlo nei loro pantheon politeisti: per i Romani, Yahveh era il dio nazionale degli ebrei; qualcuno probabilmente portò avanti forme miste di culto con il dio dei cristiani accanto agli dèi tradizionali della famiglia (cito a memoria, ma senza riferimenti seri, ritrovamenti di larari o dipinti "misti"), ma non ne conosciamo le basi culturali e filosofiche, perciò resta tutto un po' campato in aria senza che possiamo comprenderlo. Probabilmente, il dio monoteista era considerato la "traduzione" di qualche altro dio, ma la distruzione della cultura precedente al cristianesimo ci impedisce di saperne di più.
Probabilmente invece chi afferma tanta benevolenza verso il dio monoteista lo considera soprattutto sotto il secondo aspetto, quello di costruzione culturale. Peccato che è proprio sotto questo aspetto, più dell'altro, che questa costruzione va rifiutata. Il monoteismo, nelle varie forme in cui si è affermato, è una scelta politica: ebrei e arabi sono stati politeisti prima che monoteisti e così l'impero romano prima che a Costantino servisse un dio con cui identificarsi e giustificare una pretesa di dominio. Quella che era una percezione del mondo politeista, con un equilibrio dinamico di forze distinte che venivano percepite poi come Dèi, è stata rifiutata con la scelta consapevole di un dio supremo che salvava la sua gente per distruggere le altre. Leggetevi l'antico testamento. Con buona pace di massoni e altri per cui il politeismo veniva dato a bere alle masse ignoranti, mentre le elite erano consapevoli dell'esistenza di un unico dio (sì, ho sentito anche questa, e non una volta sola), l'essere umano religioso, nel senso ciceroniano del termine e quindi attento al mondo circostante, è politeista prima che monoteista, prima cioè percepisce cose distinte nel mondo, poi le accomuna sotto il nome di dèi con un'operazione linguistica, e solo successivamente, semmai, elabora l'idea di un dio unico o di una categoria "dio" da cui discendono gli altri dèi. Ma la scelta di un culto monoteista e l'attribuire al proprio dio la caratteristica di "unico e solo" è una scelta che oggi definiremmo politica o piuttosto filosofica, dalla quale discende una religione, questa volta nel senso comune del termine.
Come faccio, allora, da politeista, a dire che onoro un dio che mi tiene il broncio perché gioco anche con gli altri e non solo con lui? 
A differenza di altri pagani tradizionalisti, non sono contraria ad una pratica pagana fatta di pantheon "misti", cioè di origine culturale differente, purché il pagano che la applica faccia una scelta consapevole e non un minestrone casuale new age. La cultura attuale è il risultato di una mescolanza di culture precristiane, perciò pur non essendo personalmente molto incline a farlo, non trovo sbagliato se qualcuno incarna consapevolmente questa mescolanza culturale nel proprio paganesimo: fenomeni di questo tipo, del resto, erano già presenti nell'antichità, e il paganesimo è tale se si relaziona con il mondo. Se il mio mondo è misto, lo sarà anche il mio pantheon.
Ma l'accettazione di una visione del mondo o di una costruzione culturale monoteista va contro tutto questo: anzi rischia di diventare un riassorbimento di quei meccanismi culturali che hanno portato alla corruzione dela cultura precristiana politeista, tramandandocela in maniera distorta, e quindi di minare le fondamenta della ricostruzione del paganesimo nel mondo contemporaneo, che con tanta fatica stiamo provando ad attuare.

2 commenti:

  1. Purtroppo online s'incontrano molti pagani che hanno una percezione cristiana del divino, un po' come se gli Dei fossero tanti "Dio cristiano". A proposito di percezione, vorrei sapere la sua opinione sullo zoroastrismo, religione a torto ritenuta monoteista (Fonti: Mary Boyce e Fonte: "Light Against Darkness Dualism In Ancient Mediterranean Religion And The Contemporary World" di by Armin Lange ed Eric M. Meyers).
    La ringrazio per il Suo tempo e per il Suo blog.
    Giulia

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  2. Grazie per la lettura! Conosco molto, troppo, poco lo zoroastrismo e devo vedere se riesco a recuperare i testi che indica o almeno notizie più precise.

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