mercoledì 19 gennaio 2011

La potenza più grande del cristianesimo

Ho appena finito di leggere il romanzo di Adriano Petta, Assiotea, che mi ha fatto pensare ad una cosa. Non commento qui tanto il romanzo quanto l'idea che ci sta dietro; se non avete letto il romanzo e non volete rivelazioni, non continuate a leggere.


Il romanzo si basa, semplificandolo, su due idee fondamentali. La prima, quanto sono perseguitate e maltrattate le donne e quanto si stava bene e in pace finché governavano loro nei tempi preistorici, poi sono arrivati gli uomini cattivi e invidiosi e hanno creato un mondo di crudeltà e guerra. La seconda, le religioni sono superstizione e sono tutte uguali. Il problema è che il romanzo si chiama romanzo storico e sostiene di avere una ricerca storica alle spalle, ricerca che probabilmente manca di alcuni testi più recenti quali quelli risultanti da alcuni studi fatti in Germania (ricordo un articolo di Repubblica a proposito) o altri negli USA, che demolirebbero il mito di una preistoria pacifica sotto il matriarcato. La questione abbastanza fastidiosa dal punto di vista di un blog che si chiama Appunti Pagani è il modo in cui questo romanzo, e non solo questo autore, ma tutta una serie di persone che chiamerò qui atei-ex-cristiani, fa di tutta l'erba un fascio: uomini? Violenti! (a parte un paio di figure nel romanzo, va dato atto) donne? Buone e ragionevoli! Religioni? Tutte basate sulla superstizione e sul dominio dell'uomo! Ateismo? Ragione!

Per farla breve si dà il quadro di una Grecia che sembra più un medioevo europeo (torture in piazza, lenzuola della verginità esposte...) che non una Grecia classica: i protagonisti si dicono atei in continuazione, ma il concetto di ateismo è tale e quale potremmo averlo adesso. Si proclamano atei e poi mi parlano di Madre Natura? Non è certo la mentalità greca. Manca completamente il senso della religione così com'era all'epoca, che non era un cristianesimo con più Dèi. Assiotea, la protagonista, viene da Fliunte: Pausania ci dice che a Fliunte la divinità più venerata era Ebe: una dea! nel romanzo non si fa altro che sottolineare come qualsiasi cerimonia religiosa sia superstizione e come Platone volesse imporre a tutti il culto dei propri Dèi.

Nemmeno a me sta simpatico Platone: in fondo, è stato il filosofo antico più sfruttato dal monoteismo, che si è servito delle sue teorie per giustificare la propria teologia, e condivido buona parte delle critiche che gli vengono mosse (Petta si ispira dichiaratamente a Le saggezze antiche di Michel Onfray, interessante sebbene condivida la stessa impostazione sulla religione antica). Ma non si può assolutamente attribuire alla Grecia antica una guerra santa in nome dei propri Dèi, come se si trattasse di abolire quelli altrui o di ritenersi scelti da dio per portare la vera civiltà. Dove la mettiamo l'interpretatio? Come consideriamo il famoso detto di Senofonte sugli Dèi dei cavalli? E i Romani, considerati universalmente più spietati dei Greci, che invocavano gli Dèi altrui perché venissero ad abitare a Roma?
E' il problema che hanno questi scrittori atei-ex-cristiani: Petta, ma anche Onfray e Perry (questi ultimi due comunque ve li consiglio, anzi posterò a puntate su questo blog il mio commento a Perry) e molti altri, che sono cresciuti in ambiente cristiano ma se ne sono poi almeno formalmente allontanati, finiscono per accettare uno degli assunti di base con cui il cristianesimo ha preso il dominio in Europa. E' l'idea per cui non esiste e non è mai esistita un'alternativa al cristianesimo. Come le persone che cercano di smontare una qualche protesta politica sostenendo che è inutile protestare, tanto i politici di qualsiasi colore hanno fatto e faranno sempre il comodo loro, così questi autori passano l'idea che le religioni antiche (o almeno alcune) siano state la premessa al cristianesimo. Il cristianesimo ha assorbito il più possibile dalle religioni antiche per poter giustificare la propria esistenza, ha salvato i testi che servivano allo scopo e ha eliminato gli altri. Come possiamo prendere per buono quello che il cristianesimo sostiene su ciò che ha cercato di distruggere? Eppure, senza rendersene conto, è quello che fanno questi atei-ex-cristiani, non considerando (in qualche caso rifiutandosi di considerare) che possa esistere un concetto di religione e di divinità che non è quello cristiano. Nel romanzo Assiotea si dice che Ares crea le guerre per proprio piacere. Ma Ares è il dio della guerra perché è la guerra: come diciamo la città di Firenze per dire Firenze diciamo il dio della guerra per indicare la guerra stessa.
Il solo fatto che gli Dèi antichi non siano né onniscienti, né onnipresenti, né invincibili, né trascendenti dovrebbe far pensare ad una differenza del concetto di religione. Invece è questa la potenza più grande del cristianesimo e del monoteismo, quello che gli consentirà la sopravvivenza nella sua sostanza di dominio delle persone se non nella sua forma, perché gli ha consentito di plasmare la mentalità delle persone: l'idea che non ci sia mai stata alternativa, l'idea che la religione sia una sola sebbene sotto diverse forme, quella che lega, e che quindi possa essere solo accettata in blocco o rifiutata come superstizione; l'idea che non possa esistere un'alternativa, né alcuna altra realtà possibile o modo diverso di concepire la religione, né ora, né mai.

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